La vedo ancora, come fosse adesso, rannicchiata nel terrore che l’aveva
ridotta ad aggrapparsi a se stessa, a quel poco che rimaneva di lei, una cosa
piccola e bianca, smarrita tra lenzuola sgualcite dove improvvisamente si era
ritirata la sua vita.
Il mondo si era ridotto allo spazio angusto di una zattera e rimaneva poco
da fare a parte dondolarsi nel tempo.
E’ successo anche questo, diceva, e per cercare un senso si guardava le
mani, portandole al volto per specchiarsi attraverso.
Nel vano tentativo di scampare alla sciagura si era trascinata nel letto
tutto ciò che poteva e poi, alla chetichella, molte altre cose l’avevano
raggiunta a ricordarle che aveva pur sempre una storia, a meno che non si
voglia pensare che anche le cose, nonostante siano notoriamente più libere dei
gatti, provino una qualche forma di nostalgia. L’inevitabile e il
necessario, alla fine, si erano radunati ciascuno a proprio modo: belletti per
il viso, pinze per i capelli destinati a cadere, i fogli di lavoro, l’agenda
per gli appuntamenti mancati e tutti i sospiri di cui era capace.
Per darmi in qualche modo da fare, mi rendevo utile raccogliendo le cose
che quasi per dispetto andavano sparpagliandosi, osservandole rimanere ben
raccolte sul comodino, costrette per poco tempo le une alle altre dal mio
capriccio, per poi arrendersi all’abitudine e al desiderio di confondersi con
lei.
Fra noi le parole avevano preso ad animarsi pigramente, quasi a scoprirsi inesperte, come divenute incapaci di accompagnare i gesti occupati nella danza del cercare le cose.
Fra noi le parole avevano preso ad animarsi pigramente, quasi a scoprirsi inesperte, come divenute incapaci di accompagnare i gesti occupati nella danza del cercare le cose.
Sapevo che l’avrei vista scivolare via
proprio quando avesse smesso di lottare contro lo scompiglio e come il caos
operasse silenziosamente per trattenerla, e così, per aiutare quelle strane
preghiere mi impegnavo a mantenere le cose sempre un po’ precarie, perché
l’ordine non prendesse il sopravvento. Vedevo in lei la vita farsi scarna,
magra di visioni, di sogni e, cosa per me davvero strana, indifferente al
ricordare, mentre i pensieri continuavano a rotolarsi su se stessi così come
faceva il corpo alla ricerca di sollievo.
Un giorno è andata via, credo fosse
stanca di rimuginare il tempo a rincorrere le cose, sfuggendo all’idea di
svanire.
Dicembre 2004
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