mercoledì 21 marzo 2012

Il tempo nelle cose



La vedo ancora, come fosse adesso, rannicchiata nel terrore che l’aveva ridotta ad aggrapparsi a se stessa, a quel poco che rimaneva di lei, una cosa piccola e bianca, smarrita tra lenzuola sgualcite dove improvvisamente si era ritirata la sua vita.
Il mondo si era ridotto allo spazio angusto di una zattera e rimaneva poco da fare a parte dondolarsi nel tempo.
E’ successo anche questo, diceva, e per cercare un senso si guardava le mani, portandole al volto per specchiarsi attraverso.
Nel vano tentativo di scampare alla sciagura si era trascinata nel letto tutto ciò che poteva e poi, alla chetichella, molte altre cose l’avevano raggiunta a ricordarle che aveva pur sempre una storia, a meno che non si voglia pensare che anche le cose, nonostante siano notoriamente più libere dei gatti, provino una qualche forma di nostalgia. L’inevitabile e il necessario, alla fine, si erano radunati ciascuno a proprio modo: belletti per il viso, pinze per i capelli destinati a cadere, i fogli di lavoro, l’agenda per gli appuntamenti mancati e tutti i sospiri di cui era capace. 
Per darmi in qualche modo da fare, mi rendevo utile raccogliendo le cose che quasi per dispetto andavano sparpagliandosi, osservandole rimanere ben raccolte sul comodino, costrette per poco tempo le une alle altre dal mio capriccio, per poi arrendersi all’abitudine e al desiderio di confondersi con lei. 
Fra noi le parole avevano preso ad animarsi pigramente, quasi a scoprirsi inesperte, come divenute incapaci di accompagnare  i gesti occupati nella danza del cercare le cose.
Sapevo che l’avrei vista scivolare via proprio quando avesse smesso di lottare contro lo scompiglio e come il caos operasse silenziosamente per trattenerla, e così, per aiutare quelle strane preghiere mi impegnavo a mantenere le cose sempre un po’ precarie, perché l’ordine non prendesse il sopravvento. Vedevo in lei la vita farsi scarna, magra di visioni, di sogni e, cosa per me davvero strana, indifferente al ricordare, mentre i pensieri continuavano a rotolarsi su se stessi così come faceva il corpo alla ricerca di sollievo. 
Un giorno è andata via, credo fosse stanca di rimuginare il tempo a rincorrere le cose, sfuggendo all’idea di svanire. 






Dicembre 2004

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