lunedì 5 ottobre 2009

Milka e Bogdan: il giorno dell'amnesia (Aprile 2007)

Milka ha 85 anni. Il 3 aprile 2007, al campo nomadi di Testaccio, il Campo Boario, davanti al balletto dei vigili urbani, davanti ai gipponi e alle volanti della polizia venuti per sgomberare 90 famiglie, per ripulire dal disordine e dare spazio al decoro urbano, si è sentita male. L’hanno portata in ospedale per consolarla di aver perso l’ultima casa, per rincuorarla di non avere più un posto dove andare. Anche Bogdan è vecchio, vecchio di tutti gli anni attraversati al margine, lasciati al confino insieme alla sua gente, i Kaldarascia, Rom italiani, zingari se preferite; ma Bogdan è anche vecchio di persecuzioni e genocidi ormai ben riposti al caldo della nostra coscienza, perché Noi non siamo nazisti e sopra ogni cosa Noi non siamo razzisti.
Milka e Bogdan hanno conosciuto l’internamento e lo sterminio all’italiana di stampo artigianale: durante il fascismo sono stati internati nel campo di concentramento di Agnone, un paesino arroccato sulle montagne del Molise, adibito a disinfestare il mondo dagli zingari a furia di minestra rancida di vermi.
Esattamente due anni fa, nell’aprile 2005, il rito della memoria si è reso finalmente urgente nelle scuse pronunciate dal Sindaco di Agnone: “io chiedo scusa a Milka, a Tomo Bogdan. .. Ci sono silenzi che pesano sul popolo di Agnone. Lo abbiamo capito tardi, ma oggi la cittadinanza vuole chiedere scusa”.
Nel 1940, Milka viveva a Pisa accampata in un prato con la sua gente che lavorava il rame. Un giorno d’estate sono stati prelevati dai carabinieri che, per convincerli, gli hanno detto che sarebbero andati a vivere in un posto migliore.
Per quello strano vizio che ha la storia di ripetersi e di cui solo i vecchi fra i più vecchi sanno accorgersi, anche i Vigili urbani le hanno detto la stessa cosa.
Ma ieri quello era il giorno dell’amnesia, non della memoria, e nel nostro mondo ordinato e sicuro c’è spazio per una cosa alla volta.
Per amore della verità, Milka e Bogdan hanno ricevuto la proposta di una casa, qualche tempo fa. Ma si sa come sono i vecchi zingari che, anche a costo di passare per ingrati, non lasciano la famiglia, il campo che ti entra nelle ossa.
Campo Boario è occupato da 25 anni dai Kaldarascia, Rom italiani, sempre zingari per carità, anche se hanno frequentato le nostre scuole e le nostre caserme per la leva obbligatoria; vivono in grandi roulotte sistemate come villette a schiera e da secoli lavorano il metallo o restaurano statue sacre, casa e bottega tutto lì al Campo Boario, sviluppando una microeconomia millenaria, divelta, nel nostro mondo, dalle ondate del liberismo e centri commerciali, e costretta a rifugiarsi nell’altra economia di tendenza.
Infatti a campo Boario hanno sgomerato Milka e Bogdan e le altre 90 famiglie di Rom Italiani, comunque zingari, per fare spazio al progetto di riqualificazione di Testaccio, al cantiere dell’Altra Economia, al mercato equo e solidale (soprattutto solidale), e le coincidenze di nuovo si rincorrono, purché una alla volta.
Campo Boario poi, è solo l’ennesimo sgombero di massa: negli ultimi tre mesi ci sono stati gli sgomberi dei campi di Villa Troili, Tor Pagnotta, via Scalo Tiburtino, Aniene, Tor Cervara e Saxa Rubra e chssà dove finiranno sgomberati proprio i Rom di Campo Boario in questa movimentazione improvvisata, da magazzino di fine serie, logistica per persone di risulta, inaccettabili per la politica di decoro urbano tanto in voga nella gestione Veltroni.
La questione, suo malgrado, è ancora appesa. Perché le cose sgomberate non hanno ancora una collocazione. Non si sa davvero dove metterle, come riciclarle, dove appoggiarle. E se domani Milka e Bogdan dovessero partecipare ad una giornata della memoria come faremo? Se nel frattempo si fossero risparpagliati fuori le mura come potremo riportarli in gita ad Agnone? Perché noi non siamo razzisti, noi siamo quelli della maratona di Roma e alla memoria teniamo moltissimo.

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