mercoledì 7 ottobre 2009

I simboli morti


Riporto una bellissima citazione di Lia Cigarini (1): “per alcune (e alcuni) la differenza significa sottolineare che le donne sono differenti dagli uomini (più etiche, meno violente, ecc.) che si differenziano quindi nei contenuti dagli uomini che rimangono per necessità punto di riferimento. Assimilarsi all’emancipazione o differenziarsi dagli uomini è la stessa operazione. Non c’è libera interpretazione di sé. Definisco questa concezione della differenza dell’ ordine delle cose. Altre (e altri) da parte loro, ritengono che la differenza consista nell’inventarsi il femminile attraverso ricerche e pensieri. Definisco questa idea della differenza dell’ ordine del pensiero. Penso invece che la differenza non sia né nell’ordine delle cose né nell’ordine del pensiero. La differenza è semplicemente questo: il senso, il significato che si dà al proprio essere donna, ed è, quindi dell’ordine simbolico”.

Questa definizione offre alla coscienza delle donne e alla perversione del gender (inteso come dispositivo concettuale che racconta della costruzione reiterata della società a partire dalla differenza sessuale e dal dominio sessuato), una splendida via.
Infatti alla facile asserzione che l’ordine simbolico è stato costruito, è un pre-dato, una struttura valoriale consolidata che ha dato origine ad una cultura dominante, si può obiettare che il simbolo ha di per sé una funzione trascendente e che nelle parole di Carl Gustav Jung (2) ha la potenzialità di liberare la prospettiva e il futuro:
“…il simbolo presuppone sempre che l’espressione scelta sia la migliore indicazione o formulazione possibile di un dato di fatto relativamente sconosciuto, ma la cui esistenza è riconosciuta o considerata necessaria. Simbolica è quella spiegazione la quale al di là di ogni immaginabile spiegazione, la considera come espressione di un dato di fatto sino a quel momento sconosciuto, inesplicabile, mistico o trascendente, dunque di un dato di fatto di natura soprattutto psicologica…. Fintanto che un simbolo è vivo è espressione di una cosa che non si può caratterizzare in modo migliore. Il simbolo è vivo solo fino a quando è pregno di significato. Ma quando ha dato alla luce il suo significato, quando cioè è stata trovata quell’espressione che formula la cosa ricercata, attesa o presentita ancor meglio del simbolo in uso fino a quel momento, il simbolo muore vale a dire che esso conserva ancora soltanto un valore storico. .. Che una cosa sia un simbolo o no dipende anzitutto dall’atteggiamento della coscienza che osserva: dall’atteggiamento, ad esempio, di un intelletto, che consideri il fatto dato non solo come tale, ma anche come espressione di fattori sconosciuti. …. Il simbolo vivo non può prodursi nella mente ottusa o primitiva, giacché una mente siffatta si appagherà di un simbolo già esistente come quello offertogli dalla tradizione. Solo l’anelito di una mente altamente evoluta, cui il simbolo offerto non fornisce più la suprema sintesi in un’espressione sola, può generare un simbolo nuovo.”


Fonti
(1) CIGARINI Lia, in Swif, Sito Web Italiano per la filosofia, La questione del genere nell’analisi sociologica, 3 ottobre 2000; per una sintesi biografica su Lia Cigarini vedi http://host.uniroma3.it/dipartimenti/filosofia/Iaph/donne/cigarini.html
(2) JUNG Carl Gustav, Tipi Psicologici (1921), in Opere Vol. 6, edizione diretta da Luigi Aurigemma, Bollati Boringhieri Editore s.r.l., Torino, il testo è tratto dalle Definizioni, pagg. 483-491

La foto è reperibile su http://www.flickr.com/search/?q=burka - archivio di Burning Man 2003

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